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Assertività e direzione assertiva: come svilupparla tra passività e aggressività

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di Saida Nicolini   www.saidanicolini.it                                                              aggiornato il  09 aprile 2020  – Crescita personale

 

“Libero è colui che non deve né subire né dominare per essere qualcuno”   

 

Dostoevskij

 

Essere assertivi significa essere capaci di esprimere in modo chiaro le proprie opinioni ed idee  mostrando rispetto verso l’interlocutore.

L’assertività implica affermare se stessi senza prevaricare l’altro.

Si concretizza nel rivelarsi all’interlocutore, dichiarare i nostri desideri, bisogni, le nostre aspettative ma, soprattutto, le nostre emozioni. La parte emotiva del nostro vissuto è la parte più comunicativa che possiamo trasmettere perché definisce la nostra realtà.

Il farlo ci facilita nelle relazioni perché forniamo all’altro una mappa che ci descrive e grazie alla quale potrà leggerci più facilmente, comprenderci meglio, conoscere i nostri confini, capire le motivazioni che generano le nostre azioni.

Lo stile assertivo si caratterizza dunque con comportamenti di autoaffermazione dei propri bisogni e diritti pur riconoscendo quelli altrui.

Diventa uno stile di direzione dei collaboratori e dei gruppi di lavoro.

La persona assertiva utilizza una gestualità aperta, cordiale, l’espressione del volto è attenta e interessata, il contatto visivo è diretto e costante, la postura aperta, flessibile e rilassata. Il volume è adeguato all’argomento ed il tono di voce coerente con le emozioni che vive. Rispetta i segnali di distanza.

Ha una buona dose di autostima, e di fiducia in se stesso, confida nelle proprie capacità, ha un’intima consapevolezza del proprio valore, prova una certa soddisfazione  nell’efficacia dei propri comportamenti. Abilità che il comportamento assertivo a sua volta alimenta e rafforza in maniera virtuosa, rafforzando la sensazione di auto-efficacia, di auto motivazione e di energia.

 

Nel suo dialogo interiore dichiara a se stesso: “Io sono assertivo”,  “Il mio stile di direzione è assertivo”, “Sono in grado di affermarmi senza prevaricare”. Queste convinzioni gli creano un immagine di sé potenziante che gli permette di attingere alle proprie risorse interne.

La persona assertiva ascolta con attenzione, vuol sinceramente  comprendere il punto di vista della persona, senza giudicare. Si attiva per farlo, cerca di cogliere il significato del messaggio oltre le parole.

Tende a porre domande per comprendere meglio.

Dimostra un orientamento all’azione, un approccio deciso e fiducioso.  Ragiona sui fatti, esprime le aspettative e le trasforma in richieste.

Si pone con lealtà e correttezza, dimostra tenacia verso gli obiettivi, senza tuttavia calpestare gli altri. L’assertivo tende ad adottare una comunicazione efficace, diretta, sincera, autentica, trasparente.

Utilizza frequentemente il pronome personale IO per esprimere idee, opinioni, pensieri ed emozioni.

E’ consapevole dell’importanza di pronunciare qualche “no” perché farlo significa privilegiare dei sì, a se stessi, alle persone che ci interessano maggiormente, a ciò che riteniamo prioritario, ai progetti maggiormente strategici per la nostra azienda.

Attraverso i “no” riusciamo a mantenere i nostri confini e a essere coerenti con i nostri valori. Quando riusciamo a pronunciare qualche “no” la relazione con quella persona diventa più vera, naturale, sincera.

La persona assertiva tende a leggere i problemi relazionali come conseguenza di fraintendimenti ed equivoci, per cui cerca di trovare una soluzione attraverso l’ascolto e la negoziazione. Dà all’altro il beneficio del dubbio, indaga, esplora prima di arrivare alle conclusioni.

Accetta i conflitti e il contradditorio, il suo obiettivo è trovare soluzioni mutuamente soddisfacenti.

La gentilezza è una sua arma, ne conosce e apprezza la potenza e l’efficacia.

Lo si può percepire anche  quando lo stile assertivo diventa uno stile di direzione e di leadership nei confronti dei propri colleghi e collaboratori.

La persona con stile assertivo tende a prendersi la responsabilità al 100% del proprio comportamento e della propria comunicazione.

Accetta gli altri e considera il loro comportamento legittimo: le  scelte diverse, altri valori, i  “no” che l’altro può dirgli.

Con l’assertività migliora la qualità delle relazioni, si percepisce un maggiore senso di comprensione ed apprezzamento, una più alta motivazione. Le persone non si sentono giudicate. L’altro sente di godere della nostra fiducia, che la valutazione sarà oggettiva e obiettiva.

La comunicazione assertiva diventa uno “strumento” che un manager può utilizzare per generare un ambiente cordiale, fatto di persone motivate.

Riepilogando, possiamo dire che il leader assertivo (ma anche una persona assertiva che non ha ruoli di gestione di collaboratori) sa:

  • formulare richieste;
  • comunicare efficacemente;
  • dire di “no”;
  • ascoltare empaticamente;
  • negoziare;
  • muovere critiche costruttive;
  • elogiare;
  • assegnare obiettivi chiari.

 

Questo stile, si contrappone a due stili anassertivi che sono quello passivo e quello aggressivo.

 

La passività o fuga

Chi è passivo tende a rinunciare alle proprie responsabilità, subisce spesso le decisioni altrui. Tende ad evitare il conflitto, non afferma i propri diritti.

Ha difficoltà ad esprimere i propri bisogni, le proprie opinioni, non manifesta il dissenso.

Tende a mettersi nell’effetto nelle situazioni, ad assumere un ruolo vittimistico. Rischia di assumere una posizione da “zerbino”, è fin troppo servizievole. Per compiacere, si mette a disposizione dell’altro. Le persone tendono ad approfittarsene.

Frequentemente le sue emozioni sono poco leggibili, il passivo dissimula piuttosto bene.

Difficilmente fa proposte, raramente richieste. Ha timore di ricevere un no, di generare fastidio, di esprimere la propria vulnerabilità. Ha difficoltà a chiedere aiuto. Più che pensare a come può formulare al meglio la richiesta, si concentra sulle conseguenze negative che ci saranno nel farla. Toglie spazio e possibilità all’azione.

Nei processi di coaching emerge spesso la difficoltà a trasformare le proprie aspettative in richieste. La relazione diventa poco autentica.

Le sue aspettative rimangono spesso insoddisfatte. Si aspetta erroneamente che l’altro comprenda le sue esigenze ed i suoi bisogni. Questa aspettativa rimane disattesa, generando in lui risentimento. Cade facilmente nella lamentela.

Viene facilmente frainteso, il suo modo di comunicare è esitante, ha difficoltà a parlare chiaramente.

Lascia decidere gli altri. Ha difficoltà a mantenere le promesse fatte, perché sono troppi i sì e troppo pochi i no che pronuncia.

Riesce con difficoltà a negoziare, evita il conflitto. Impiega molta energia nell’evitare i conflitti. Nelle negoziazioni tende a porsi in modo eccessivamente accomodante, rinuncia ai propri bisogni. Accetta di perdere pur di evitare il confronto acceso.

Tende a banalizzare ed a minimizzare i complimenti che può ricevere.

E’ molto condizionato dal giudizio altrui.

Il capo passivo ha timore a chiedere, a dare obiettivi sfidanti. Ha paura di perdere il consenso e teme il conflitto con i collaboratori. Mette le esigenze degli altri davanti alle proprie e a quelle aziendali o del progetto di cui ha la responsabilità.

Talvolta il passivo tende a sovra adattarsi, mortificando anche la pur minima iniziativa personale.

 

L’aggressività

Lo stile aggressivo, per contro, è della persona che impone e pretende, non ascolta, fornisce spiegazioni poco razionali, generalizza con frequenza, colpevolizza e scarica sugli altri le responsabilità.

Etichetta e giudica.

Si approccia con arroganza e prepotenza. Egocentrico, accentratore, non rinuncia al suo punto di vista. Spesso non accetta il contraddittorio, il confronto.

Si pone con impulsività. Tende a raggiungere gli obiettivi utilizzando gli altri come strumenti. Crede di sapere, desidera primeggiare.

 

E’ dispotico, intransigente, autoritario. Spesso monopolizza la conversazione, interrompe, pretende di avere ragione e critica non costruttivamente. La sua critica diventa un mero giudizio, spesso sulla persona.

L’aggressivo è convinto che gli altri siano molto meno efficienti  di lui e che abbiano bisogno di forti sollecitazioni. Tende a sentirsi superiore. Ama circondarsi di yes-men. Nei conflitti ha un unico obiettivo:  vincere.

Tende a creare un ambiente ostile.

Lo sguardo è spesso accigliato, comunque severo. Il tono di voce implacabile, critico.

Utilizzando l’espressione di Eric Berne, nel testo Games people play, l’aggressivo si  giudica OK, mentre considera l’altro Non OK.

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Non è divertente?

Chi impiega troppo tempo a consegnare un lavoro è un lumacone;

io, invece, sono un tipo che ama far bene le cose.

 

Chi non consegna un lavoro è un pigro;

io sono sovraccarico di lavoro.

 

Chi fa un lavoro senza che glielo abbia detto nessuno, è un invadente;

 io ho spirito d’iniziativa.

 

Chi resta del proprio parere è un testone;

io sono un tipo fermo nelle sue convinzioni.

 

Chi non rispetta l’etichetta è un maleducato;

io sono un tipo disinvolto.

 

Charles McHarry (New York Daily News)

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Come sviluppare l’assertività

Rispondi a questi domande, possibilmente per scritto:

  • Quali aspetti dello stile assertivo descritti ritieni di possedere?
  • Quale obiettivo di sviluppo dell’assertività potresti darti?
  • Quali aspetti ritieni di dover modificare?
  • In quale ambito vorresti rafforzare l’assertività? Affettivo, amicale, lavorativo?
  • Che cosa pensi di fare concretamente? Quando? Con chi?

 

 

 

 

Saida Nicolini

Photo by Louis Hansel @shotsoflouis on Unsplash

 

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